
Nel Faust del Ghoete sta scritto: ” in principio era il Pensiero “; ma qualcosa già dice che non possiamo fermarci qui, e con un sorpasso in grande stile, ci dilettiamo ad annunciare: ” in principio era l’Energia “; ma lo Spirito, saggiamente, si affretta a chiarire: ” in principio era l’Azione.
Che simpatico bisticcio di parole, potremmo dire.
In realtà, è la filosofia dei classici del pensiero libero, che tende alla trasformazione del pensiero in azione.
Bisogna unire i puntini dell’esterno con l’interno, per raggiungere gli obiettivi.
Joseph Kennedy, per esempio, detto il Patriarca, era un eccellente stratega di pensiero; per ottenere il risultato impiegava energia sia fisica che mentale, e focalizzava l’idea per svilupparla al meglio.
– Che buona idea è, se essa non trova applicazione nella vita, reale?
Sul pensiero si agisce con l’azione -. Diceva con fermezza.
Una via maestra che lui conosceva bene.
Era dotato di una abilità lungimirante che gli faceva vedere le cose prima degli altri. E le sue macchinazioni uscivano perfette.
La moglie Rose lo definiva l’architetto delle loro vite.
E niente poteva essere più lontano, dal vero.
Il primogenito dei loro nove figli, Joseph Patrick Jr, esperto aviatore, era stato designato dal padre a ricoprire la carica di Presidente degli States, purtroppo morì in circostanze non definite, durante la seconda guerra mondiale.
Joseph , il Patriarca, fece scivolare le sue ambizioni sul secondogenito.
Così John, dopo la morte del fratello, ereditò di diritto quelle aspettative.
Il padre bramava vedere un figlio alla Casa Bianca, e per la campagna elettorale del suo John, si era speso con astute azioni di marketing,
tutte mosse mirate, studiate e centrate come se dovesse lanciare un nuovo prodotto sul mercato.
Nell’ambiente già circolava la frase fatidica:
” Venderemo John, come scaglie di sapone “. Lui non trascurava proprie niente.
Anche Jaqueline Lee Bouvier entrò a far parte del piano per la corsa alla Presidenza. Lei si trovò ad intervistare quel giovane senatore rampante del Massachussets, come inviata speciale dello Washingthon Times Herald.
Finì subito nelle grazie di papà Kennedy, che la incoronò moglie ideale per la temeraria carriera, del figlio: bella, colta, intelligente, elegante, raffinata, con charme e pedigree di tutto rispetto per le sue origini francesi e nobili, da parte del padre. Era semplicemente perfetta nelle vesti di First Lady, d’America. Nessuno avrebbe dissuaso Joseph, il Patriarca.
La coppia si unì in matrimonio il 12 settembre 1953, a Rhode Island, e Jaqueline sposando John, aveva sposato l’intero pacchetto del clan.
John, per un attimo pensò che l’eleganza francese della moglie potesse allontanarlo dagli elettori. Ma subito si ricrebbe. Amava andare incontro alla folla con Jaqueline, aveva capito che quando erano insieme, la gente si moltiplicava.
I giornalisti si interessavano a lei perché incarnava i desideri di molte donne, veniva presa a modello. La moglie aveva una missione pari alla sua.
Il 3 gennaio 1961 i Kennedy erano tutti riuniti nella villa di Ocean Boulevard a Palm Beach, per un ritratto di corte. Con una lunga serie di scatti e di pose si preparava la presentazione della famiglia presidenziale, in vista del
20 gennaio: giorno di entrata in carica di John Fitzgerald Kennedy,
alla Casa Bianca. Lui appariva rigido e nervoso, per l’emozione. Jaqueline leggermente di spalle, rispettosa dei ruoli politici del marito, si muoveva con grazia e teneva fra le braccia il piccolo John John, un mese e mezzo di vita.
I suoi occhietti, appiccicosi, si aprivano e si richiudevano per il fastidio dei riflettori. Caroline, quattro anni, era la protagonista assoluta di quello show, affascinata dal continuo lampeggio dei flash, correva dietro a quei bagliori sfuggenti alla presa, nel tentativo di acchiapparli.
Il Patriarca, gongolava nel suo ambizioso abito, e si godeva il coronamento di un sogno vicino a mamma Rose con il resto della famiglia.
Il giorno successivo, uno dei più importanti quotidiani titolava così:
” ALL’INIZIO NON FU IL VERBO, MA LA LUCE A CREARE IL VANGELO DEI KENNEDY IL NOME CHE HA SCOSSO DAL SONNO UNA NAZIONE INTORPIDITA “.
In quello stesso anno, il 25 maggio, durante una sessione speciale del congresso, il neo Presidente riuscì a infervorare l’animo dei cittadini americani con un annuncio straordinario:
” IO CREDO CHE QUESTA NAZIONE RAGGIUNGERA’ IL SUO GOAL,
E PRIMA CHE QUESTA DECADE FINISCA,
UN UOMO CAMMINERA’ SULLA LUNA E FARA’ RITORNO SULLA TERRA “.
Le parole di quest’uomo, forse ispirate da divina saggezza, risuoneranno di inusuale consapevolezza, un concentrato di pensieri mossi da un incredibile spessore profetico e da un profondo senso universale,
Il Goal fu brillantemente raggiunto, con la missione Apollo 11, il 20 luglio 1969.
La NASA scelse Cap Canaveral, in Florida, per dare inizio ai programmi spaziali. Una scelta ragionata, non solo per la sicurezza dei lanci, ma anche per le dune della spiaggia di Vero Beach. Esse assomigliavano al suolo lunare, ed erano perfette per le esercitazioni degli astronauti.
L’Unione Sovietica era avanti nella conoscenza dei viaggi spaziali, ma Kennedy credeva che gli States avrebbero potuto colmare il divario.
Sei anni dopo la sua morte, le sue parole si concretizzarono.
Visitare Space Kennedy è da pelle d’oca. Attraversare la stessa passerella dove hanno camminato gli astronauti e assistere al lancio spaziale nella medesima sala che ha guidato la missione Apollo 11, mozza il fiato.
Lì tutto è come allora: i macchinari, i suoni, le luci e il rombo dei motori spinti alla massima potenza per farci rivivere, oggi, le emozioni di un viaggio che ha cambiato il mondo.
A Cap Canaveral John Kennedy vive ancora. Lì c’è il pensiero di un uomo immortale che ha creduto, senza vedere. Il destino ha voluto che non fosse a festeggiare con i suoi, ma l’eredità che ha lasciato va oltre la vita.
” Le azioni degli uomini
sono la massima interpretazione
dei loro pensieri “. ( John LocKe )

tiziana bracci- rubrica: Capriole sull’albero
nel 52esimo anniversario della missione Apollo 11